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mercoledì 20 agosto 2025

Scrupoli sul possesso di beni materiali

Anni fa un lettore del blog (preciso che si tratta di un fedele laico), dopo aver letto varie biografie di eroici santi religiosi che hanno vissuto in grande povertà, è stato assalito dagli scrupoli, temendo che fosse tenuto ad acquistare solo ed esclusivamente beni materiali strettamente necessari alla propria sopravvivenza, e che tutti gli altri soldi avrebbe dovuto darli in beneficenza. Spesso è il diavolo che infonde degli scrupoli per impantanare le anime in assurde angustie di coscienza che impediscono di praticare serenamente la vita devota. Solo chi ha provato questa malattia spirituale può capire quanto soffrono le anime assalite dagli scrupoli. Ecco l'e-mail che scrissi a quel lettore per aiutarlo a superare gli scrupoli.


Caro fratello in Cristo, ecco le risposte alle tue domande.

- Sì, è lecito acquistare libri, vestiti, profumo, e tutto ciò che non solo ti è necessario per sopravvivere, ma anche per vivere dignitosamente nel tuo stato di vita (puoi anche spendere dei soldi in onesti svaghi). Ciò che è immorale è la “cupidigia”, ossia un esagerato attaccamento alle cose materiali, le quali devono essere considerate solo come strumenti per vivere dignitosamente durante la vita terrena, non il fine ultimo della nostra esistenza, che invece è Dio. Avere dei soldi (o desiderare di averne) per poter vivere in maniera dignitosa non è peccato, se invece una persona ha un desiderio smodato di ammassare ricchezze, dimostra di avere il cuore sfrenatamente attaccato ai beni materiali, e questa cupidigia lo rende schiavo. Per capire meglio che cosa si intende per cupidigia o desiderio smodato di un bene materiale si può fare l'esempio del vino: desiderare di berne in maniera sobria non è peccato, desiderare di berne “un po’ troppo” da rimanere brilli è peccato veniale, desiderare di berne in maniera smodata da ubriacarsi e perdere il senno è peccato grave.

- I manuali di Teologia Morale affermano che chi dona ai bisognosi che si trovano in stato di necessità comune almeno il 2% di ciò che avanza alle spese necessarie per il mantenimento del proprio stato di vita e quello dei propri cari, non pecca; se dona meno del 2% pecca venialmente; se non vuole donare nulla a nessuno pecca gravemente (almeno secondo i teologi della sentenza più rigida). Certamente se uno vuole donare più del 2% (come fecero molti santi) compie un’opera buona, ma ordinariamente parlando non è obbligato a farlo sotto pena di peccato.

- Per sapere se un oggetto è “superfluo” ti basta constatare se in genere i buoni cristiani che si trovano nel tuo stato lo possiedono oppure no. Ti faccio qualche esempio: molti buoni cristiani del tuo stato possiedono uno smartphone, il quale se utilizzato bene può essere davvero molto utile, quindi non è superfluo acquistarlo; invece nessuno di loro possiede un elicottero privato (non avrebbero nemmeno i soldi necessari per acquistarlo), e se lo acquistassero facendo dei debiti, ordinariamente parlando farebbero un acquisto superfluo (il discorso sarebbe diverso per un ricchissimo uomo che lo utilizza per spostarsi velocemente per motivi d’affari).

- Autorevoli moralisti tra i quali Jone e Piscetta insegnano che non siamo tenuti ad aiutare tutti i poveri che si trovano in stato di necessità comune, è sufficiente aiutarne alcuni a nostra libera scelta.

- È vero che alcuni santi non volevano possedere soldi, ma si tratta di casi straordinari. Tutti gli altri santi (tra i quali Don Bosco, Don Orione, San Massimiliano Maria Kolbe, ecc.) accettavano volentieri donazioni in danaro, non solo per fondare opere di beneficenza, ma anche per il proprio sostentamento. Quindi non devi sentirti in colpa se possiedi dei soldi.

Penso che anche leggendo quei brani di San Francesco di Sales che ti ho segnalato, riguardanti il modo cristiano di possedere i beni materiali, ti sarai accorto da solo che i tuoi timori di peccare erano solo degli scrupoli, cioè una paura infondata di peccare compiendo atti che in realtà non sono peccaminosi. Nessuno è obbligato a vendere tutto per darlo ai poveri: i santi che lo hanno fatto hanno compiuto un'opera meritoria, ma si tratta solo di un "consiglio evangelico", non di un obbligo morale. Per poter vivere poveramente come San Francesco d'Assisi bisogna avere una sorta di chiamata da parte di Dio. Dunque, si possono possedere i beni materiali, l’importante è non attaccarvi il cuore trasformandoli in idoli, e utilizzarne una parte per aiutare i bisognosi e per finanziare opere di apostolato. Questo è ciò che insegnano autorevoli autori esperti in Teologia Morale tra cui Sant’Alfonso Maria de Liguori, Frassinetti, Piscetta, Jone, Teodoro e tanti altri.

Nella speranza di esserti stato di qualche utilità, ti saluto fraternamente in Corde Matris.

Cordialiter

Pensiero del giorno


Nulla dunque è più nobile, più importante, più utile della Teologia ascetica ben compresa.

[Brano tratto da “Compendio di Teologia Ascetica e Mistica”, di Padre Adolphe Tanquerey (1854 - 1932), trad. P. Filippo Trucco e Can.co Luigi Giunta, Società di S. Giovanni evangelista - Imprimatur Sarzanæ, die 18 Novembris 1927, Can. A. Accorsi, Vic. Gen. - Desclée & Co., 1928].

martedì 19 agosto 2025

Zelo di un parroco devoto al Sacro Cuore

[Brano tratto da “Tesoro di racconti istruttivi ed edificanti”, di Don Antonio Zaccaria, Tipografia Pontificia Mareggiani, 1887].


Gesù che ha fondato la Chiesa per la salute degli uomini, desidera che rientrino nel suo ovile coloro che da Lui si sono allontanati. Erano molti anni che un operaio non praticava più né la chiesa né i Sacramenti, e viveva in matrimonio con una protestante, facendo anche educare i figli nel protestantesimo. Colpito da malattia mortale, il parroco andò alla casa per disporlo a ricevere i conforti religiosi, ma gli fu dichiarato nel metter piede in casa, che l'infermo non voleva preti. Tuttavia il buon curato poté penetrare nella stanza dell'infermo, che trovò oppresso da mal di petto, e scorse nella sua fisionomia i lineamenti della morte. L'infermo al vedere il parroco, si volse dal lato opposto, e lo zelante ministro di Gesù Cristo si appressò similmente, salutò con amore, e prese vivo interesse del suo stato di salute; l'infermo sempre muto. Si parlò di Dio, di religione, di conversione, ancor muto. Alfine il buon sacerdote scongiurò il morente a profittare degli ultimi momenti, e a riconciliarsi con quel Dio, che tra poco doveva essere suo giudice. D'un tratto grida furiosamente: No, non ne voglio sapere. La prudenza consigliò di rimettere la cosa all'indomani, intanto che sarebbero fatte preghiere al divin Cuore per la conversione di quel peccatore. La visita del secondo giorno, non riuscì migliore della prima, e un no infernale gelò il povero parroco, che raccomandò la conversione del marito alla desolata moglie, la quale promise di fare di tutto, e anche di fare educare i figli nella religione cattolica. La dimane era domenica: il parroco raccomandò l'infermo alle pubbliche preghiere, e specialmente agli associati dell'Apostolato, promettendo una novena ed una Messa al Sacro Cuore. Ritornò la terza volta a visitare il povero peccatore, ed appena entrato, l'infermo levandosi esclamò: Ah! sì che voglio morir cattolico; ed anche i miei figli debbono morir cattolici. Si confessò e ricevette il S. Viatico colla più esemplare divozione. Il S. Cuor di Gesù manteneva la promessa fatta alla B.Margherita che la sua devozione sarebbe stata efficacissima ad aprire e spezzare i cuori più induriti nella colpa.

Pensiero del giorno

Beato chi opera solo per dar gloria a Dio e per seguire il suo volere! Imitiamo l'amor dei beati, che nell'amar Dio altro non cercano che di piacere a Dio.


(Sant'Alfonso Maria de Liguori, Dottore della Chiesa)

lunedì 18 agosto 2025

Quinta promessa del Sacro Cuore di Gesù

Pubblico un brano tratto da un libretto del 1929.


La quinta promessa del Sacro Cuore di Gesù risponde alla crisi del nostro tempo. “Io spanderò copiose benedizioni sopra ogni loro impresa.”

Disse un giorno Gesù: “Cercate prima il regno di Dio, e tutto il resto vi sarà dato per di più”. Ma come debbono intendersi queste parole?... Forse mettendosi a sedere, aspettando la manna dal cielo?... No. Gesù ha voluto dire: - Cercate prima il regno di Dio, e poi lavorate, ed io benedirò il vostro lavoro. Come può essere che Gesù sia indifferente all'opera delle nostre mani, o insensibile al sudore della nostra fronte, se Egli - che fu anche Uomo - lavorò come lavoriamo noi?... Non era forse figlio di un fabbro?... Non avrà Egli aiutato il Santo Artiere, che gli fu padre putativo, nell'arte sua, e sua Mamma nelle faccende domestiche?... Non moltiplicò il pane alle turbe?... Non ricolmò le reti ai pescatori di Galilea?... Se tutto questo Egli fece nella sua vita umana, lo farà maggiormente ora dal cielo, moltiplicando il frutto delle nostre fatiche e il pane, che è guadagnato col sudore della nostra fronte. “Senza di me - disse Gesù - voi non potete far nulla”. Queste parole sono rivolte a tutti, ma specialmente a quelli che credono di poter fare tutto, ed ottenere tutto, senza l’aiuto di Dio. C’è infatti chi dice:-Io fo da me. La mia posizione la debbo unicamente alla mia attività. – No, fratello, non devi ragionare così. E’ un ragionamento sbagliato. La tua attività è nella tua salute, e la tua salute è nelle mani di Dio, che solo ti può benedire se vuole. Spesse volte si sentiamo dire: “In quella casa ci deve essere la benedizione di Dio”. Sapete il perché?... Perché ci è un padre di famiglia che non possiede nulla… nulla fuorché le braccia, la salute, la buona volontà e la grazia di Dio. Ha un po’ d’intelligenza, molta voglia di lavorare e poche migliaia di lire. Mette tutto nel commercio, come un povero contadino che getta il seme in una terra feconda, e spera in Dio. Si rivolge a Gesù e dice: - Voi sapete tutto e Voi vedete tutto. Io conosco la mia parte, che è il lavoro, il resto tocca a Voi. - E Gesù che ama tanto queste umili confidenze, fa tutto il resto. Imitate questo padre di famiglia!... Quando il Divino Maestro promette ai suoi devoti: “Io spanderò copiose benedizioni sopra ogni loro impresa”, non vuol dire - mi si permetta l’espressione - Io ti darò una villa, una tenuta o una bella automobile, con centomila franchi di rendita… No. Egli promette qualcosa di più bello, di più utile e di più prezioso, quasi volesse dire: “Io ti darò ciò che è necessario alla tua famiglia, io benedirò le tue fatiche, i tuoi affari, le tue imprese, e ti sarò di guida nell'onesto miglioramento delle tue condizioni economiche. Sarò il refrigerio del tuo sudore, e darò alla tua famiglia una posizione agiata, che ti permetta di educare i figli nel timore di Dio, e ti faccia esclamare: Signore vi ringrazio di avermi data questa prosperità, che è frutto della vostra grazia e delle sue fatiche. Vi ringrazio di aver benedetto il mio lavoro, la mia impresa e i miei sudori, che per Voi soltanto furono leggeri e fecondi di prosperità.


[Brano tratto dal libro "La Medicina di ogni dolore nelle dodici promesse del Sacro Cuore di Gesù", di Salvatore Mangiavacchi, Premiata Libreria Editrice Nostra Signora di Lourdes, Pisa, 1929].

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Pensiero del giorno


L'amore di Dio è generoso. Un'anima, impossessata dall'amore di Dio, non si sgomenta d'intraprendere ogni gran cosa, costi pure sudori, privazioni, sacrifici, pur di dar gloria a Dio, mentre nulla, assolutamente nulla, confida in sé.


[Brano tratto da "Invito alla santità" di Don Giuseppe Frassinetti (1804 - 1868), Città Nuova, Imprimatur + Aloisius Liverzani, Episcopus Tusculanus - Frascati, 13 maggio 1981].

domenica 17 agosto 2025

Un frate cappuccino ricco di zelo apostolico

[Brano tratto da “Tesoro di racconti istruttivi ed edificanti”, di Don Antonio Zaccaria, Tipografia Pontificia Mareggiani, 1887].

Un giovane Padre Cappuccino, che predicava per la prima volta nel cantone di Novelda, dovette separarsi dal suo collega di missione per andare da sé solo ad evangelizzare il piccolo villaggio di Romana. Giunto colà viene a sapere che il più ricco proprietario del paese era da lungo tempo divenuto il nemico più accanito dei preti. Aveva già avuto un giorno una viva discussione col Curato, e da quell'epoca aveva giurato un odio mortale agli ecclesiastici ed alla religione. Già da trent'anni più non andava alla chiesa, non lasciava battezzare i suoi figli: proibiva ai suoi domestici, ch'egli pagava meglio e più di qualunque altro, d'accostarsi ai SS. Sacramenti. In breve, tutti lo temevano e molto, ed era generalmente conosciuto sotto il soprannome di bestia feroce. Il giovane missionario comprese subito, che il risultato della sua missione sarebbe stato, pressappoco nullo, se egli non cominciava per ricondurre all'ovile questa pecora smarrita; e che dalla conversione del castaldo dipendeva il buon esito della sua missione. Il Curato si sforzò di dissuaderlo dal suo proposito: gli disse che già molti tentativi s'erano fatti, ma invano, da uomini apostolici per riconciliare colla Chiesa il terribile proprietario. D'altronde egli si rifiutava di accompagnare il missionario nella sua visita alla masseria, che era distante dal villaggio, persuaso qual era che sarebbe stato ricevuto a colpi di bastone, e forse anche a colpi di rivoltella. Ben lungi dal perdersi di coraggio il religioso andò a cercar uomini di buona volontà fra i parrocchiani. Tutti si ricusarono ugualmente nessuno voleva impegnarsi in una impresa che generalmente si teneva da tutti per dannosa o almeno molto imprudente. «Voi almeno, - esclamò il Padre, rivolgendosi ad un ferraio di forma gigantesca ed erculea, voi non ricuserete di venir meco. Ad ogni modo io arrischio assai più che voi, e del resto io vi prego solamente di servirmi di guida, e indicarmi la località». Il ferraio acconsentì non senza difficoltà. Ed ecco, tosto il Padre Cappuccino e il fabbro, seduti ambedue su di unta carretta tirata da un asino pigliare il cammino verso la masseria. Quando furono vicini, il fabbro domandò di ritirarsi, e il Cappuccino fu obbligato a farsi innanzi da solo. Fu ricevuto nella masseria con bastante freddezza, come ciascuno facilmente può immaginarsi. Abbandonato da solo a solo col castaldo, cercò di intavolare ilcolloquio con tutta la possibile gentilezza. Spiegò da principio la ragione della sua visita, con dire che egli, missionario, era solito nelle sue missioni a visitare i principali del luogo. Ma allorquando il padrone di casa già rassicurato, cominciava a pigliare interesse del trattenimento (s'era già lasciato andare a sorridere due o tre volte), il Padre espose nettamente lo scopo che lo aveva ivi condotto. "Se vengo in questo paese, è per cercare dei peccatori e riconciliarli con Dio nel tribunale di penitenza. Ma siccome io era persuaso che voi non sareste venuto a cercare me nel confessionale, eccomi che sono venuto io stesso a trovarvi. Andiamo, mio buon uomo, soggiunse, stringendogli affettuosamente la mano, è tempo oramai che ritorniate a Dio. È già troppo lungo tempo che il vostro cuore soffre orribilmente. Una vita sì spaventevole è tempo di finirla. È il buon Dio che vi offre il perdono; eccovelo quel caro Gesù che vi tende fra le braccia ...». E il castaldo si mise a piangere dirottamente come un fanciullo e a gridare: - Accorrete, o mie genti! Venite! Eccovi il mio benefattore, l'uomo che qui vedete è piuttosto un angelo, che il buon Dio mi ha mandato. E continuava a piangere a calde lagrime. Accorsero tosto i suoi temendo da principio che fosse imminente qualche disgrazia. Ma il missionario che non voleva perdere la sua preda, congedò tosto la gente appena fu rassicurato della cosa, e si mise subito a riconciliare il peccatore col Padre delle misericordie. Nel frattempo il fabbro se ne stava fuori della masseria temendo di sentire colpi di fucile. Quanto agli altri parrocchiani, aspettavamo con impazienza alle porte del villaggio; loro tardava di veder rientrare il cappuccino sano e salvo, sapendo quanto la bestia feroce fosse capace di ogni scelleraggine. Fortunatamente, qualche tempo appresso, il giovane religioso fece il suo ingresso trionfale, con grande meraviglia dei curiosi che credevano di sognare. Il corteggio era composto di tre calessi portanti tutti gli abitanti della masseria. Si vedeva nel primo il terribile castaldo assiso a lato del Cappuccino, e dietro questi modesti equipaggi, nella carretta tirata dall'asino stava seduto il ferraio dal volto annerito, dal quale traspariva una certa confusione. Il Padre conduceva gli abitanti della masseria alla predica, come le primizie delle sue fatiche apostoliche offerte a Dio e per l'edificazione dei parrocchiani. Passò egli qualche tempo a battezzare, a confessare e a benedire le nozze di coloro che erano fin allora vissuti troppo liberamente; e appresso più nulla poteva resistergli in quel villaggio, nel quale il suo nome sarà sempre benedetto.

Pensiero del giorno

Vedo chiaramente la vita interiore che Gesù vuole da me: non lasciare un solo momento il posto d'amore che è il Tabernacolo. Rinnovo ad ogni ora questa unione; seguire la grazia momento per momento con totale fedeltà; abbandonarmi all'amore del divino Maestro; fare di Gesù, il Destinatario unico dei miei pensieri, dei miei affetti, della mia vita; darmi tutta continuamente e solo per la sua gloria; essere unicamente di Lui solo.

(Pensieri scelti dagli scritti della Beata Maria di Gesù Deluil-Martiny, "Gesù deve regnare", a cura di Paolo Risso, LEV)

sabato 16 agosto 2025

Educazione cristiana: l’esempio di Anna Maria Taigi

Pubblico un post che mi ha inviato Teodolinda, una gentile collaboratrice del blog.

La madre cristiana deve essere l’ Angelo della famiglia e più che mai questo celeste nome le si conviene quando conduce i figli suoi ad onorar Dio e santificare i giorni che egli si è serbato, compiendo con regolarità ed esattezza i doveri cristiani. In casa Taigi, Domenico aveva affidato la direzione interna a sua moglie, lasciandole altresì la cura di far osservare ai figli i doveri cristiani e le feste della santa Chiesa. Anna Maria osservò sempre questo dovere con la maggior sollecitudine. Nei giorni di Sabato o di vigilia di altre feste, essa prendeva tutte le disposizioni per trovarsi libera il giorno dopo. Prendeva la sua biancheria dagli armadi, puliva gli abiti della domenica e li metteva vicino al letto di ciascuna persona della famiglia; preparava poi tutte le cose della cucina per avere poi tutto pronto nel momento che le abbisognava. In tal modo preveniva e disponeva tutto con la più grande attenzione. Raddoppiava insomma le fatiche in giorno di Sabato o vigilia di altre feste per trovarsi più libera di dedicarsi alla pietà nei giorni riserbati al Signore. L’orario del giorno festivo era questo: si alzava prima dell’alba, mentre tutti in camera dormivano, andava in chiesa della Madonna della Pietà che prospettava al palazzo Chigi, dall’altra parte della Piazza Colonna, e in tal luogo dava libero corso alla sua devozione. Tornava a casa prima che il marito fosse alzato, l’aiutava pazientemente a vestirsi, a farsi pulizia, poi lo mandava ad ascoltare la santa Messa, spesso alla chiesa della Parrocchia nella quale poteva sentire la spiegazione del santo Vangelo. Dopo faceva alzare i bambini piccoli, li aiutava a vestirsi e li conduceva essa stessa, o li faceva condurre dalla vecchia madre in chiesa; ed aveva cominciato a far così da quando avevano appena tre o quattro anni. In tal modo queste innocenti creature erano già abbastanza comprese dell’atto solenne del divin Sacrificio e formavano i loro cuori, a mano a mano, alla pietà e all’amor di Dio.  Preparato tutto il giorno avanti, essa faceva presto per la colazione di Domenico e gliela dava subito appena tornato di chiesa, giacchè egli doveva recarsi a prestare i suoi servizi a palazzo Chigi. Anna Maria prendeva il momento per raccogliere i suoi bambini e far loro una lettura sacra adatta alla loro intelligenza oppure qualche edificante preghiera. Poi permetteva loro di giocare innocentemente, senza però uscire di casa. Dopo colazione conduceva i bambini, o li faceva condurre, alla spiegazione del catechismo. Quando tornavano li conduceva a fare una passeggiata, o ve li faceva condurre dal padre, e tale svago terminava sempre con una visita a qualche Chiesa o al SS. Sacramento in qualche Santuario. Le ultime ore del giorno erano passate in preghiere vocali, o in letture di libri divoti come vite dei santi, o altro, stando riuniti in dolce armonia e raccoglimento che forma della famiglia cristiana un paradiso in terra. Quando i bambini cominciarono ad essere grandi, divennero giovanetti, presero la santa abitudine di accostarsi ai SS. Sacramenti nei giorni festivi… La Beata istruiva i suoi figli intorno a queste sorgenti di grazie e aggiungeva agli insegnamenti dei loro maestri e dei Parroci molte riflessioni e pratiche che sempre più approfondivano nella loro mente questi sublimi misteri.


Brano tratto dal “Manuale di pietà per la pia sposa e madre cristiana sul modello della Beata Anna Maria Taigi”, Casa Editrice Marietti, 1925, Roma.

Un saluto,

Teodolinda

P. S. La vita di Anna Maria Taigi era veramente ricca di fede e preghiera. Per i nostri tempi già sarebbe qualcosa portare i bambini regolarmente in Chiesa, dire con loro qualche preghiera e fare qualche lettura edificante almeno la domenica!

Pensiero del giorno - Circa le missioni popolari

Dice in secondo luogo il suo parroco, che con le missioni s'inquietano le coscienze, per ragione dei tanti scrupoli che allora si muovono per mezzo delle prediche. Or questa difficoltà sì che è bella! Dunque sarà meglio per non inquietar le coscienze lasciare i peccatori a dormire nel letargo del peccato con quella pace maledetta che è il sigillo della loro dannazione? S'inquietano le coscienze! Questo è quel che pretende il demonio, che quei miseri suoi schiavi non siano disturbati da quella falsa pace in cui vivono perduti. Ma questa deve esser la cura del pastore, di mandare ad inquietar le pecorelle che dormono in disgrazia di Dio, affinché si sveglino e riparino al pericolo in cui stanno di dannarsi; ed a svegliarle non vi è mezzo migliore della missione.


[Brano tratto dagli scritti di Sant'Alfonso Maria de Liguori, Dottore della Chiesa].

venerdì 15 agosto 2025

Festa dell'Assunta, 1923

[Brano tratto da "Vera devozione a Maria", di Don Giuseppe Tomaselli, imprimatur: Canonico Carciotto Vicario Generale, Catania 13 maggio 1952].


Il 15 agosto 1923, a sera, la Madonna si manifestò a Josefa Menendez in tutta la sua bellezza. Nel giorno sacro al mistero della sua Assunzione, la Madre Celeste volle rallegrare la sua diletta devota. Estasiata davanti alla bellezza della Madonna, Josefa esclamò: Madre mia, com'è bello questo giorno! Tutto il mondo esulta a ricordare il vostro ingresso in Cielo!

- Sì, rispose Maria, proprio in questo giorno la gioia piena e perfetta è cominciata per me, poiché durante la mia vita l'anima mia fu trafitta da una spada.

- Ma soffriste sempre in vita? La presenza del Bambino Gesù, così piccolo e bello, non era per Voi una immensa consolazione?

- Figlia mia, ascolta! Sin dalla mia infanzia ebbi conoscenza delle cose divine; così che quando l'Arcangelo mi annunziò il mistero dell'Incarnazione e mi vidi scelta per Madre del Salvatore degli uomini, il mio cuore fu sommerso in un torrente di amarezza, perché sapevo tutto quello che il tenero e Divino Bambino doveva soffrire; e la profezia del vecchio Simeone non fece che confermare le mie angosce materne.

Tu puoi quindi figurarti quali dovevano essere i sentimenti nel contemplare le attrattive del mio Figlio, il suo corpo, che sapevo doveva essere un giorno così crudelmente maltrattato.

Io baciavo quelle mani e mi sembrava che le mie labbra s'impregnassero già di sangue. Baciavo i suoi piedi e li contemplavo già confitti alla Croce. E quando Egli fece i primi passi e mi corse incontro con le braccia aperte, non potei trattenere le lacrime al pensiero di quelle braccia stese sulla Croce.

Quando giunse all'adolescenza, apparve in Lui un tale assieme di grazia affascinante che non lo si poteva contemplare senza restarne rapiti! Solo il mio cuore di Madre si stringeva al pensiero dei tormenti, di cui in anticipo provavo la ripercussione.

Dopo la lontananza dei tre anni della vita apostolica, le ore della sua Passione e Morte furono per me il più terribile dei martiri.

Quando il terzo giorno lo vidi risuscitato e glorioso, certo la prova cambiò aspetto, poiché Egli non poteva più soffrire. Ma quanto dolorosa doveva essere la separazione da Lui! Che lungo esilo per me quando Gesù salì al Cielo! Come sospiravo l'istante della eterna unione!

Sull'entrare del mio sessantatreesimo anno, l'anima mia passò come un lampo dalla terra al Cielo. Dopo tre giorni gli Angeli raccolsero la mia salma e la trasportarono in trionfo di giubilo per riunirla all'anima. Quale ammirazione, quale adorazione e dolcezza, quando i miei occhi videro per la prima volta nella sua gloria e nella sua maestà il mio Figlio e mio Dio, in mezzo alle schiere angeliche!

Che dire poi, figlia mia, dello stupore che m'invase alla vista della mia estrema bassezza, che veniva coronata da tanti doni e circondata da tante acclamazioni?... Non più tristezza ormai, non più ombra alcuna! Tutto è dolcezza, gloria, amore! -

A questo punto la Madonna tacque un istante, immersa nel magnifico ricordo del suo ingresso in Cielo; poi continuò:

- Tutto passa, figlia mia, e la beatitudine non ha fine. Soffri ed ama! ... Coraggio! ... L'inverno della vita è breve e la primavera sarà eterna! - Ciò detto, la Madonna sparì.

Ecco come la Vergine Celeste premia e consola certe anime che sanno onorarla e come gode che sia ricordato il giorno del suo ingresso in Paradiso!

Pensiero del giorno

In un eccesso di amore Dio creò i cieli, la terra, l’uomo; ma in un eccesso più grande creò Maria.


(San Luigi Guanella)

giovedì 14 agosto 2025

Maria Santissima desidera vivamente che noi facciamo la morte dei giusti

[Brano tratto da “Tesoro di racconti istruttivi ed edificanti”, di Don Antonio Zaccaria, Tipografia Pontificia Mareggiani, 1887].


Maria Santissima desidera vivamente che noi facciamo la morte dei giusti. Ascoltate: Un giovane di nobile famiglia, per le malvagie compagnie e perverse letture, datosi ai piaceri della vita e soprattutto al gioco, fuggì dalla sua famiglia e in poco tempo si ridusse alla più squallida miseria. In causa ai vizi perdette ancora la salute in modo, che dopo aver ramingato per gran parte di Europa, sfinito di forze e ormai prossimo alla morte giunse in un albergo di Roma. Quando all’improvviso, dopo pochi giorni, giunge all'albergo medesimo una dama di provetta età, accompagnata da un servo e da una cameriera; chiede del nome e del cognome del giovane signore, sale all'appartamento, ove egli ha stanza, vi entra, e di balzo gli si getta al collo e con amoroso furore lo abbraccia esclamando fra i singhiozzi: Carlo mio, Carlo mio!... Il giovane in quella stretta sì affettuosa e così inaspettata non sa rispondere se non queste parole: Mamma, voi qui? come? possibile? voi! ... Sì, era la madre di Carlo! Saputolo a Roma dopo tante traversie, e saputolo altresì rifinito di salute, perdonando a tutti i suoi trascorsi, lo volle raggiungere ad ogni costo per soccorrerlo, e quello che è più, per provvedere agli interessi della sua povera anima. Passato qualche giorno infatti, l'amorosa madre non esita di intavolare discorsi di religione e di sacramenti col povero Carlo. Un certo D. Pio, antica conoscenza di Carlo, si reca a visitarlo, e Carlo lo riceve con tutta cavalleria e gentilezza; ma quando si arriva al punto dei Sacramenti, il giovane si indispettisce e lo licenzia. Torna la madre con amorosa insistenza, ma Carlo dando nelle furie prende una pistola e: “Mamma, esso esclama, non mi si parli più di Sacramenti altrimenti fin da questo momento mi brucio le cervella... - Fermati, figlio mio! Non ti parlerò più di questo .... Che resta a fare a questa povera madre? Correre in chiesa, e a piedi di Maria rifugio dei peccatori sfogare il suo dolore e le sue speranze. Si celebrava infatti in quei dì il mese Mariano, e non una volta sola la pia dama nella chiesa di S. Andrea delle Fratte aveva fatto pregare per la conversione di un peccatore. Progrediva intanto il male, e Carlo si avvicinava a grandi passi agli estremi della vita. Fattosi più mansueto, discorre più volentieri con sua madre, e questa con molto sentimento e commozione si fa coraggio per dirgli: Carlo mio, vorrei da te un regalo ... un ricordo .... sono certa che nulla negherai a tua madre, che è venuta ad assisterti in tante tue sofferenze ... - Che ricordo chiedi, mamma? risponde Carlo. - Regalami la pistola di quel giorno ... Vi pensò un poco il figlio poi senz’altro la fa contenta. Un primo passo era fatto, restava il decisivo, quello della conversione. Si raddoppiano le preghiere pubbliche, ed ecco un pensiero nella mente pia dama. Era il genetliaco del povero figlio che stava per morire; la madre sapeva che a lui piacevano assai i fiori. Per presentargli un dono ordina un mazzo di dodici rose bellissime, e prima di portarlo a Carlo, lo tiene sull’altare della Madonna per tutto il tempo della funzione del mese Mariano. Lo riprende e con una industria veramente ingegnosa e tenera nasconde una medaglia benedetta della Madonna dentro una di quelle dodici rose. Corre all'albergo, fa i suoi complimenti al figlio per il suo genetliaco, e senz'altro fa il presente di quelle vaghe rose. Le gradisco davvero, dice il figlio; ti ringrazio, mamma, sono veramente belle e odorose! Quasi accarezzandole, ora ne tocca una, ora ne tocca un'altra; quando vede cadere da una rosa un piccolo oggetto luccicante come una moneta, va per raccoglierlo, e vede che è una medaglia ... Una medaglia qui, mamma, che cosa è questo mistero? ... Ma mentre Carlo dice così, osserva che dagli occhi della madre cadono due grosse lagrime. - Eh via, ripiglia l'infermo, via mamma, vedo che tu mi vuoi vinto ad ogni costo; ebbene mi arrendo; richiamami pure D. Pio, che voglio confessarmi. Non è a dire che cosa sentisse quella madre in cuor suo a queste parole del figlio. Fu chiamato l'egregio sacerdote, si confessò il giovane convertito, e sopravvivendo quindici giorni non fece altro che edificare quanti lo visitavano coi suoi discorsi sulla divina misericordia e sulla materna bontà di Maria, e spirò santamente fra le braccia della sua madre. Nel camposanto, sopra di un sepolcro, si vede tuttora una ghirlanda di dodici rose appassite e disseccate, racchiuse in una teca di cristallo. È quello il sepolcro del povero Carlo, son quelle le dodici rose che nascondevano la miracolosa medaglia, che lo convertì, e lo condusse ad una santa morte.

Pensiero del giorno

Se non vogliamo trovarci un giorno nel numero dei reprobi, cerchiamo di essere devoti di Maria.


[Brano tratto da “Tesoro di racconti istruttivi ed edificanti”, di Don Antonio Zaccaria, Tipografia Pontificia Mareggiani, 1887].

mercoledì 13 agosto 2025

La pastorale non è l’arte del compromesso (intervista al Cardinale Siri)

Riporto alcuni brani di un interessante resoconto di un colloquio pubblicato nel 1970 sulla rivista genovese «Renovatio» (n. VI), tra un redattore e il Cardinale Giuseppe Siri. Quando si leggono gli scritti del compianto Arcivescovo di Genova ci si sente "confermati nella fede". Sarebbe splendido se tutti gli ecclesiastici parlassero chiaramente come parlava lui!


RENOVATIO — Esiste, secondo V. E., un rapporto tra la situazione presente della società umana nel suo complesso e quella della Chiesa? Vi è un rapporto tra le difficoltà presenti della religione e quelle dell’umanità? 

SIRI — Come sarebbe possibile diversamente? La Chiesa non vive separata dal suo tempo e dal suo mondo. Le difficoltà che l’uomo sperimenta oggi a vivere da uomo si ripercuotono nella difficoltà che il cristiano incontra a vivere da cristiano. Il mondo odierno vive della conquista della materia: anche se la scienza gli rivela che la sapienza e la potenza dell’ordine creato superano da ogni parte la capacità di previsione della ragione, l’uomo si trova però chiuso nella struttura mondana che egli si è costruito. L’uomo ha scoperto di poter conquistare la materia, di poterla rendere strumento della sua volontà: ciò gli ha tolto il senso di una superiore prudenza e ha fatto della conquista del mondo il saccheggio del mondo, la perdita della realtà umana più profonda: lo spirito. La spirito è pietra angolare dell’uomo e del mondo: pure esso è la pietra che i costruttori della nostra società presente hanno voluto dimenticare e respingere. Siamo giunti così in un mondo in cui la persona umana non ha valore perché l’uomo non ha più significato, e non è più considerato l‘immagine di Dio. Quando gli uomini fecero le loro prime scoperte, vi fu un senso di superbia e di assoluto predominio dell’uomo sul mondo: è ciò che ci viene narrato nel racconto della torre di Babele, una visione profonda della dialettica della civiltà. Dio confuse allora le lingue. Ma oggi le menti stesse degli uomini sono confuse. L’ora del massimo della potenza è l’ora oscura, in cui la sapienza mondana non sa che prefigurare la crisi definitiva dell’umanità. Ma i cristiani sono figli della speranza. 

RENOVATIO — Ogni realtà mondana è giustificata da quelle che san Paolo chiama le filosofie di questo mondo. Quali sono le filosofie dell’attuale potere mondano? 

SIRI — La prima e fondamentale dottrina del potere di questo mondo è l’affermazione: non c’è verità. Sant’Agostino diceva che la differenza tra la civitas mundi e la civitas Dei è che la prima ha mille opinioni, la seconda una sola verità. [...]

RENOVATIO — Possiamo dire che esiste una tecnica per sostituire alla verità l’opinione, per porre il gusto dell’opinabile al posto del desiderio del vero? 

SIRI — Tale tecnica esiste ed è collaudatissima: basta dare un’occhiata all’attuale pubblicistica religiosa, letteraria, filosofica. Si tratta di esprimere opinioni così cautamente formulate che non si possa capire qual è la tesi dell’autore: o meglio ancora: in modo che dottrine intellettualmente contraddittorie vengano giustapposte l’un l’altra, come se fossero tra di loro compatibili. Ritorniamo allo slogan della morte di Dio. Se si dicesse negazione di Dio, tutti capirebbero. Ma ci troviamo di fronte a un’operazione molto sofisticata, che vuol dare l’impressione di salvare la più distillata e preziosa quintessenza dell’idea di Dio pur nella sua «identificazione» con la realtà profonda dell’uomo. Prendiamo un’altra frase famosa: «Quando Dio vuole essere non Dio, l’uomo nasce». Cosa vuol dire questa frase di un leader massimo delle attuali opinioni teologiche? Rigorosamente parlando, nulla. Essa certo non vale l’espressione dell’uomo «immagine di Dio». Ma dà l’impressione di nascondere qualche misterioso segreto sui rapporti tra divino ed umano che la dottrina della creazione sembra tenere velato e inespresso. Abbiamo scelto esempi di livello sofisticato. Ma poi potremmo continuare con questa teologia piena di aria fritta. È una manipolazione del linguaggio in modo che si alluda ad eldoradi nascosti del pensiero invece di esprimere chiari e distinti concetti. [...]

RENOVATIO — V.E. ha detto altre volte del problema della salute mentale come di un problema dell’uomo d’oggi. 

SIRI — Certo: perché il disordine dello spirito diviene immediatamente il disordine della psiche e dei nervi. È curioso che a tanto materialismo corrisponda una singolare indisponibilità a valutare le conseguenze neurologiche del disordine spirituale. Proprio della parte più nobile dell’uomo è di risentire per primo che le tenebre sono la morte, sono la decadenza della vita. Sarebbe curioso cercare le ragioni che inducono a dimenticare le precise statistiche, nei Paesi che le fanno, sulle dimensioni della crisi mentale. Non è questa la civiltà del tranquillante e dello psichiatra? Non si vuole riconoscere il rapporto tra disordine spirituale e disordine psichico e nervoso. Perché? Forse in nome del materialismo? No: vi è piuttosto qui la congiura del silenzio verso un problema imbarazzante. 

[...]

RENOVATIO — Ma la Chiesa parla oggi all’uomo della croce che è vita e liberta? 

SIRI — La Chiesa, sì: se qualcuno si avvicina ai beni divini che la Chiesa indefettibilmente custodisce, trova parole di vita eterna. Ma tanti cristiani sono coinvolti nella crisi stessa dell’umanità, sono portati ad adorare anch’essi l’idolo dell’uomo senza profondità: da destra e da sinistra, in nome del benessere o in quello della rivoluzione. Nella nostra stessa vita ecclesiastica si lamentano talvolta fenomeni paralleli a quelli della vita sociale nel suo complesso. La dittatura dell’opinione in cui viviamo si ripercuote anche nella vita ecclesiastica. Un’editoria pronta soltanto a sollecitare il fantastico, l’inaudito, l’irreale, a criticare il passato perché passato e a prevedere un futuro di sole luci, di totali vittorie dell’umanità, obbedendo in ciò alla legge della imposizione del prodotto, della ricerca del consumatore, cioè a motivi di lucro, è oggi una delle piaghe anche nella Chiesa. Oggi, ogni teologo che passi per iconoclasta, liberatore, innovatore, è subito captato da un’editoria compiacente, che diffonde per tutti i canali dei mezzi di massa questo dissenso confortevole, questa iconoclastia per amor del comodo e del successo. Il divismo di teologi, di scrittori, di figure della protesta: ecco un dolore, una sofferenza per la Chiesa di oggi: coloro che denigrano il passato della Chiesa per affermare che è proprio dal rinnegamento di esso che la Chiesa riemergerà più autentica. 

RENOVATIO — Per qualificare il tipo di errori oggi correnti si è ricorso a due paragoni: al modernismo e alla gnosi. Si è parlato anche di «protestantizzazione». «Renovatio» ha preferito il termine gnosi per indicare la separazione delle verità naturali (e veterotestamentarie) da quelle evangeliche. Il dire, per esempio, che non esiste legge naturale, che i limiti e le pene che l’ordine presente impone non risalgono a Dio, il negare la pena e la sanzione divina al peccato umano sono tesi che oggi costituiscono il sottofondo, sempre più esplicitamente espresso, di tanta letteratura teologica. Ciò ci pare una nuova gnosi. 

SIRI — Comprendo benissimo le ragioni di questa espressione: e credo che si possa legittimamente qualificare di gnosi il complesso di errori oggi ricorrenti visti nella loro sistematicità. Ma credete voi che i più sappiano il significato di quello che dicono? Questo è il terribile: che non sanno quello che dicono. Ciò che viene scelto spesso lo è non per un motivo razionale (sarebbe ancora una affermazione di verità), ma unicamente per conformismo al mondo. La potenza mondana ha una sua filosofia: e i teologi del giorno che passa accettano di tradurre le opinioni del tempo in linguaggio teologico, non perché accettino una dottrina come tale, ma soltanto perché accettano le dottrine che piacciono alle potenze di questo mondo. La gravità di questo tempo rispetto agli altri è questo: che non si tratta più di contrasto tra verità ed errore, ma tra verità e non verità, tra ordine della verità e dittatura dell’opinione. Gli uomini si ritengono liberi: è questa loro opinione, di essere liberi perché è scritto nei testi giuridici, il massimo momento e manifestazione della loro servitù. In realtà molti vivono sotto una dittatura: la dittatura dell’opinione. 

RENOVATIO — Anche la Chiesa è sotto una dittatura dell’opinione? 

SIRI — La Chiesa, no; ma molti che sono nella Chiesa, sì. La Chiesa non può mai essere violentata nella sua libertà senza che lo Spirito Santo susciti potenti reazioni. A un livello notevolmente diverso e più particolare, possiamo considerare i pontificati diversi e talvolta reattivi tra di loro. Nella diversità, Dio fa l’unità. La bufera che si scatenò attorno al Concilio non fu voluta da papa Giovanni, che ne soffrì profondamente; ne sono personale testimone. [...]

RENOVATIO — Possiamo riassumere così la visione che V.E. ha della crisi della società umana cosi come della presente situazione ecclesiale: vi è una realtà umana che i mezzi di comunicazione di massa non dominano, vi è una vita cristiana che la dottrina dell’opinione non corrompe? 

SIRI — La realtà che conta è sempre la realtà profonda, quella che la dittatura dell’opinione nega perché non riesce ad afferrarla. La presente situazione della Chiesa è una delle più gravi della sua storia, perché questa volta non è la persecuzione esteriore a impugnarla, ma la perversione dall’interno. Più grave. Ma le porte dell’inferno non prevarranno. 

RENOVATIO — Tuttavia vi sono mezzi e provvedimenti che possono essere oggetto di desiderio dei fedeli: può indicarne V.E. eventualmente qualcuno? 

SIRI — La cosa più urgente è restaurare nella Chiesa la distinzione tra verità ed errore. Talvolta sembra riecheggiare come dominante il dibattito teologico la domanda di Pilato: che cos’è la verità? Occorrono atti che sfatino la legittimità della dittatura dell’opinione, questo terribile potere di fatto che limita e coarta il potere di diritto. Siamo al punto in cui qualunque esercizio dell’autorità ecclesiastica e considerato abuso nei confronti della libertà. Come se l’autorità fosse la negazione della libertà! Mille poteri illegittimi coartano ben più gravemente e ben più sistematicamente la coscienza e la libertà delle persone sul piano immediato, mentre sul piano più profondo le separano dalla verità, espressa nelle fonti della Rivelazione e nel Magistero. lo spero che le giuste e autorevoli distinzioni verranno.

RENOVATIO — Quando si parla di un ritorno ad una condanna formale di proposizioni, si dice che ciò non è conforme alla natura pastorale dell’autorità nella Chiesa. E si dice anche che ciò potrebbe dar luogo a scismi. 

SIRI — La pastorale non è l’arte del compromesso e del cedimento: è l’arte della cura delle anime nella verità. Quando questo è stato detto tutti hanno capito: anche, e soprattutto, quelli che hanno deformato o criticato. Il linguaggio del buon pastore è all’opposto di quello che dicono alcuni teologi del momento. Non credo a possibilità scismatiche. Coloro che usano della loro funzione ecclesiastica per sovvertire la Chiesa contano, in realtà, innanzi agli occhi del mondo solo perché esiste quella Chiesa che essi intendono demolire in nome della «Chiesa futura umanità». Poi ci sono tanti segni, soprattutto fuori d’Europa, che indicano che i demolitori della Chiesa hanno fatto il loro tempo. [...]

RENOVATIO — La liturgia stessa è oggi oggetto di contestazione e di negazione: basti pensare alla underground Church, alla messa senza paramenti, a vari aspetti che tendono a diminuire il carattere sacrale e sacrificale del culto cristiano. Sacro e sacrificio sono parole esorcizzate da molti. 

SIRI — Vi sono questi aspetti più gravi, che sono la conseguenza, sul piano liturgico, di radicali errori dottrinali. Si faccia della liturgia, ma della liturgia non si facciano deformazioni abusive. Oggi si rivelano pericolose perdite nell’essenziale. Il sacro non è soltanto il rito: è la presenza nel rito della realtà significata. Quando si mitizza il rito, si perde il senso della sostanza che contiene. Non ci si meravigli poi che l’Eucarestia divenga per taluni una semplice festa dell’unità umana, in cui Dio è semplicemente spettatore. Qui, siamo non alla eresia, ma alla apostasia. 

[...]

RENOVATIO — V.E. vede segni autentici di un rinnovamento della Chiesa? 

SIRI — Noi siamo in un tempo di prova: e nei tempi di prova è più facile vedere la tenebra che la luce. Ma la luce è presente: la potenza stessa della tenebra è un mezzo di purificazione perché siamo fatti più capaci di vedere la luce. Le tenebre non possono vincerla. Noi sappiamo che il Signore conduce le cose in bene: ed usa le sofferenze e gli stessi peccati degli uomini perché ne risulti un bene più grande. Quando cento anni fa cadde il potere temporale, il Papa sembrò prigioniero. «La fine del papato», strillavano i modesti mezzi di comunicazione sociale d’allora. Stava invece per cominciare una grande stagione del papato. E la stessa perdita del potere temporale vi contribuì. Non che noi dobbiamo salutare i politici di allora come dei liberatori della Chiesa: è che Dio usa delle opere di tutti per il bene del suo popolo, che è il bene di tutta l’umanità. Sarà così anche domani: delle nostre difficoltà, si considererà soltanto la luce. La nostra umana debolezza, l’isolamento, il senso di sconfitta apparirà cambiato dalla potenza di Dio, in segno della gloria della sua città. È nella luce della croce del Signore che la notte diviene luminosa. Non sono un pessimista, solo rilevo che il tempo si è fatto scuro perché l’ombra del culto delle cose materiali si stende sul mondo. Ho sempre notato che in genere gli errori teologici derivano da inquinamenti marxisti. È una storia lunga. Ma finora non ho trovato sulla mia strada uomini così puri nella fede come quelli che hanno esperimentato nella vita quella teoria. Sono stati vaccinati.